domenica 29 gennaio 2012

DOMANI NIENTE SCUOLA
                                         ...CHIUSO X NEVE

venerdì 27 gennaio 2012

A cosa si riferisce questa immagine
e perchè l'ho pubblicata proprio oggi?
                                                                                   aspetto i vostri commenti...

giovedì 26 gennaio 2012

Heinrich Schliemann  
(Neubukow, 6 gennaio 1822 – Napoli, 26 dicembre 1890) 
 
Una delle figure più importanti per il mondo dell'archeologia per la rilevanza delle scoperte da lui compiute nel XIX secolo. Raggiunse la celebrità con la scoperta, dopo anni di ricerche e studi, della mitica città di Troia e del cosiddetto Tesoro di Priamo.
Fu il padre a trasmettere ad Heinrich l'amore per le civiltà passate, leggendo i versi dei poemi omerici e descrivendo le gesta degli eroi antichi della leggendaria città di Troia, fino ad allora ritenuta dagli studiosi solo frutto della fantasia. Nel 1829 gli venne regalato un libro di storia per bambini e rimase impressionato da un'illustrazione raffigurante Troia in fiamme e, chiedendo lumi al padre sull'imponenza delle mura, il piccolo Heinrich espresse il desiderio di ritrovarle.
Nel 1836 abbandonò gli studi e iniziò l'apprendistato presso un piccolo commerciante di Fürstenberg, dimenticò così tutto quello che aveva imparato fino a quando, sempre secondo quanto narrato nella sua autobiografia, venne colpito dalla bellezza di alcuni versi in greco recitati da un ubriaco, il figlio di un pastore locale espulso dal ginnasio per cattiva condotta e divenuto apprendista di un mugnaio. Schliemann racconta quindi di avere speso gli ultimi centesimi che gli rimanevano per comprare da bere all'uomo, purché ripetesse i versi recitati che lo avevano profondamente colpito tanto da fargli desiderare di imparare il greco antico.  Solo in seguito scoprì che erano versi tratti dall'Iliade e dall'Odissea.
Nel 1850 salpò per gli Stati Uniti d'America, dove incominciò ad arricchirsi, prestando denaro ai cercatori d'oro e in seguito si trasferì San Pietroburgo, dove qualche anno prima aveva intrapreso la carriera di commerciante.

 
Contemporaneamente iniziò a studiare nuove lingue (circa una ventina: all'inizio francese, inglese, spagnolo, ma poi anche altre come arabo ed ebraico; Schliemann ideò un metodo di studio assai efficace, infatti le prime lingue le studiò in un anno, ma le ultime, come l'arabo, in sole sei settimane) tra cui il greco antico per poter leggere direttamente le imprese degli eroi narrate dal mitico cantore.

 
Nel 1868, ritiratosi dagli affari, Schliemann si dedicò alla realizzazione dei suoi sogni, i viaggi e le scoperte archeologiche. Nel settembre del 1869 si sposò con la giovane greca Sophia Engastromenou e nel 1870 intraprese un viaggio verso la Cina e il Giappone; successivamente si trasferì in Italia, in Grecia ed infine in Turchia.
Presso la collina di Hissarlik, in Turchia, iniziò la ricerca delle mura di Troia Questa era un'altura in posizione favorevole per una roccaforte, dalla quale si poteva dominare tutta la piana circostante; seguendo le indicazioni e le descrizioni dei testi omerici, il 4 agosto 1872 Schliemann rinvenne vasellame, oggetti domestici, armi e anche le mura e le fondamenta non di una sola città, quella di Priamo, ma di ben altre otto città diverse, costruite l'una sulle rovine dell'altra
•    I strato (3000 a.C.): villaggio dell'Età del Bronzo Antico, con ritrovamenti di utensili in pietra e di abitazioni dalla struttura elementare
    II strato (2500- 2000 a.C.): piccola città con mura caratterizzate da porte enormi, presenza del megaron (palazzo reale) e case in mattoni crudi che recano segni di distruzione da incendio, che Schliemann suppose potessero riferirsi ai resti della reggia di Priamo rasa al suolo dagli Achei
•    III - IV - V strato (2000 - 1500 a.C.): tre villaggi distrutti ognuno dopo poco tempo dalla fondazione
•    VI strato (1500 - 1250 a.C.): grande città a pianta ellittica disposta su terrazze ascendenti, fortificata da alte e spesse mura, costituite da enormi blocchi di pietra squadrati e levigati, con torri e porte. La distruzione della città dovrebbe essere avvenuta intorno alla metà del XIII secolo a.C. forse a causa di un terremoto.
•    VII strato (1250 - 1200 a.C. ): la città precedente fu immediatamente ricostruita, ma ebbe vita breve. I segni di distruzione da incendio hanno indotto alcuni studiosi ad identificare questo strato come quello corrispondente alla Troia omerica
•    VIII strato (VII secolo a.C.): colonia greca priva di fortificazioni
    IX strato (dall'età romana al IV secolo): costruzioni romane edificate sulla sommità spianata della collina e rifacimento.
Nei primi scavi l'archeologo commise gravi errori (demolì costruzioni e mura che avrebbero permesso di ottenere ulteriori e importanti informazioni), ma la sua opera è ugualmente molto importante.
Il 15 giugno 1873, Schliemann effettuò una nuova e importantissima scoperta: alla base delle "mura ciclopiche" del VI strato vide qualcosa che attirò la sua attenzione; allontanati gli operai, aiutato solo dalla moglie, la greca Sophia Engastromenou, bella come l'immagine che egli si era fatto di Elena di Troia, riportò alla luce un tesoro costituito da migliaia di gioielli d'oro (per la precisione, più di 8.700), definito come il "tesoro di Priamo", che il Re aveva nascosto prima della distruzione della città.Questo tesoro era stato trovato alla profondità di 10 metri in un recipiente di rame largo 1 metro e alto 45cm.Schliemann riuscì ad esportare segretamente il tesoro in Grecia.
Attualmente quattro nazioni si contendono quel tesoro: la Turchia (dove è stato rinvenuto), la Grecia (erede della tradizione omerica), la Germania (a cui fu donato dall'archeologo) e la Russia (dove si trova attualmente).

 
Tra il 1874 e il 1876 Schliemann si recò a Micene "ricca d'oro" (come viene definita generalmente nei poemi omerici) le cui rovine erano ancora visibili e testimoniavano ai visitatori il ricordo dell'antico splendore. Seguendo le indicazioni del geografo greco Pausania, che intorno all'anno 170 aveva visitato e descritto quei luoghi, Schliemann elaborò l'ipotesi che le tombe dei sovrani della città si trovassero all'interno della cinta muraria.
Nel 1879 iniziò gli scavi  e riportò alla luce una serie di tombe a pozzo e a cupola, che la tradizione attribuisce ai membri della dinastia degli Atridi
Nelle tombe Schliemann trovò gioielli, armi, utensili, pettorali con cui erano solitamente adornati i morti di stirpe regale, maschere d'oro che conservavano ancora i lineamenti reali e non idealizzati dei defunti; tra questi credette di individuare il volto del leggendario re Agamennone.
La morte colse Schliemann a Napoli, nel 1890, mentre aspettava l'autorizzazione per nuovi scavi; si concludeva così, sul campo, la storia del povero garzone che aveva immaginato di trovare una città e i suoi tesori e che era riuscito a realizzare il suo sogno.

mercoledì 18 gennaio 2012




LEZIONI DI AIKIDO
Aikido è un’attività che pratichiamo in questi giorni nell’ora di scienze motorie.
La lezione la tiene l’insegnante Davide, che ha ottenuto ben più di un  “dan” e ci insegna alcune mosse di difesa, alcune cadute, alcune prese.
Le lezioni che dovremmo fare in totale sono 10, noi siamo arrivati alla 8°.
L’Aikido, al contrario di karate, kung fu, judo e altri sport di questo genere, si basa solo su tecniche di difesa, non di attacco.
A mio parere Davide è molto bravo a insegnare e ci spiega ogni esercizio con molta calma,  ripetendo pazientemente se non abbiamo capito.

Sara  T.

martedì 10 gennaio 2012

LE SFINGI
Le sfingi sono frittelle originarie del Trapanese che si preparano
nel periodo natalizio. Vengono preparate con: farina, patate
bollite, latte tiepido, acqua, lievito di birra, vanillina, anice (se si
vuole), semi di finocchietto selvatico, un pizzico di sale e di
zucchero. Hanno la forma di ciambelline che vengono fritte
 nell'olio bollente e mangiate tiepide.
Dopo cotte sono morbide dentro e appena croccanti in superficie.
Prima di essere servite vengono fatte rotolare in un piattino
contenente zucchero e cannella in polvere. Sanno di pastella
morbida dolce aromatizzata dalla cannella e dai semi di
finocchietto. All'olfatto si distingue un odore di cannella
zuccherata e di frittura.
Noi le prepariamo 2-3 volte l'anno per toglierci lo sfizio di gustarle
insieme a gli zii, visto che sono buonissime. A me piacciono anche
senza la cannella e lo zucchero, infatti, me ne faccio sempre
tenere alcune da parte per mangiarle senza niente sopra.
La persona che nella mia famiglia le sa preparare meglio è la mia
prozia Vitina.
                                                                                                                                               Matteo

giovedì 5 gennaio 2012

le tradizioni natalizie delle nostre famiglie


Il dolce che più mangiamo durante il periodo natalizio, il pandoro, piace a tutta la   mia famiglia.
Non so spiegarmi il perché, ma ha un gusto così zuccheroso a cui    non so proprio resistere.
Di solito quando lo compriamo prendiamo la scatola che contiene anche lo spumante, ma io non ne bevo tanto, giusto un goccino, per sentirne il sapore.
Quanto lo annuso sento l’odore dello zucchero a velo che lo avvolge e mi viene voglia di addentarlo all’istante.
In quanto al suo aspetto, quando lo tiriamo fuori dalla sua confezione mi sembra piuttosto spoglio, non ha un tono, non mi viene voglia di mangiarlo e non mi piace neanche l’odore, poi appena viene travolto da una pioggia bianca cambio subito idea. E’ come se fosse caduta la neve in città e tutto fosse avvolto da candidi fiocchi.
Il pandoro è squisito, ma purtroppo non è un dolce che si trova facilmente al supermercato, se non nel periodo di Natale. Mia madre non sa farlo in casa, quindi è una sfiziosità che ci possiamo permettere solo nei giorni antecedenti al Natale.
Tutta la mia famiglia adora questo dolce, eccetto mia nonna che è celiaca e deve mangiarsi un suo panettone non contenente prodotti che la potrebbero far sentire male.
Quando lo vedo nelle vetrine dei negozi, sento già che sta per arrivare il Natale e questo mi rende molto felice.
Di solito non lo mangiamo alla vigilia, ma il giorno di Natale, quando andiamo a casa di mio nonno.
Io adoro il momento in cui lo taglia, sempre sullo stesso piatto da anni. Mia mamma, mia sorella ed io mangiamo più volentieri il pandoro che il panettone, perché l’altro è pieno di uvetta e canditi  che a noi non piacciono molto.
Spero che la tradizione del pandoro, come la chiamo io, rimanga ancora per molto è diventi una cosa ufficiale, come fare l’albero di Natale.
                                                                                                             Sara T



mercoledì 4 gennaio 2012

le tradizioni natalizie delle nostre famiglie





 "Pan e vin e 
la pinza sovra l'camin"!



La pinza (pinsa) veneta è un dolce tipico della tradizione natalizia della mia famiglia da parte di mamma; infatti mio nonno materno è nato a Santo Stino di Livenza, in provincia di Venezia.
L'8 dicembre tutte le donne della famiglia si riunivano e iniziavano a prepararlo in grande quantità perchè loro erano molto numerosi.
Questo dolce non lo poteva mangiare nessuno perchè doveva essere conservato fino a Natale e poi bisognava lasciarne un pezzettino per l'Epifania.
E' molto sostanzioso e ricco; i suoi ingredienti sono:  mezzo Kg di farina gialla da polenta, 100gr di farina di frumento, 2 uova, 200gr di uvetta, 200gr di noci, 200gr di fichi secchi ridotti in pezzettini, mezza busta di lievito, una manciata di semi di finocchio, mezzo etto di burro (che in origine era strutto), un po’ di latte per bagnare la pasta.
Tutto questo veniva impastato e messo in una tortiera.
La cottura era lunga 3-4 ore perchè ai tempi della mia bisnonna si faceva cuocere sulla stufa, finchè non veniva ben dorato; ma nel nostro forno ci vuole solo un'ora.
Fino a ieri non l'avevo mai assaggiato, così mamma ha deciso di prepararlo in modo che anche noi potessimo conescerlo; io e mia sorella abbiamo messo tutti gli ingredienti (o quasi perchè  l'uvetta e i semi di finocchio non c'erano) dentro una scodella, però era troppo piccola e abbiamo dovuto prenderne una molto piu grande.
Dopo ho iniziato a mescolare e devo dire che era molto difficile perchè la consistenza era piuttosto dura.
Poi abbiamo messo l'impasto in una tortiera, e mamma l'ha messa in forno per un'ora.
Durante la cottura per la casa si sentiva un ottimo profumo di burro cotto.
Tirata fuori abbiamo fatto la "prova dello steccadente" (stuzzicadente): se ne deve prendere uno e metterlo in mezzo alla torta, se esce bagnato vuol dire che non è pronta, se esce asciutto vuol dire che è cotta; era pronta!
Alla vista si presenta bassa, perchè l'impasto deve lievitare poco, e di un colore marrone-oro.
Abbiamo aspettato un po' prima di assaggiarla, ma ne è valsa la pena perchè è veramente buonissima!
La sua consistenza è piuttosto densa perchè i fichi e la farina gialla la rendono dura. Ha un leggero retrogusto di polenta. E' anche poco dolce perchè allora lo zucchero era costoso e quindi se ne doveva usare una piccola quantità.
E' un dolce rustico e molto sostanzioso perchè veniva preparato con gli ingredienti che si trovavano a disposizione in campagna.
La mia bisnonna diceva sempre: "Pan e vin e la pinza sovra l'camin"! 
                                                                                                                    Ilaria P.